Slow Food Trentino si è ritrovata domenica 11 settembre sul Monte Bondone per chiudere la serie di appuntamenti organizzati in vista di Terra Madre la grande manifestazione che a fine settembre porterà a Torino le comunità Slow Food di tutto il mondo. Il percorso era rimasto interrotto a maggio, l’iniziativa “Aspettando Terra Madre | Terre Alte” che ha animato il quartiere di San Martino avrebbe dovuto spostarsi alle Caserme delle Viote del Bondone per una riflessione condivisa su quello spazio. “Rigenerare il Bondone” ha visto confrontarsi sul tema Michele Nardelli saggista e già consigliere nazionale di Slow Food, Marta Villa, antropologa dell’Università di Trento e membro del Comitato scientifico di Slow Food Trentino Alto Adige e Alex Benetti, Presidente della Circoscrizione Bondone.
Michele Nardelli ha ricordato come “ragionare per ecosistemi” rappresenti un modo diverso di leggere la realtà, una chiave interpretativa di nuove geografie. Non più quella fondata sugli stati nazionali bensì un diverso approccio in un mondo sempre più interdipendente e dove i confini siano quelli della natura piuttosto che quelli che l'uomo si è dato con la nascita degli stati nazione, forieri delle grandi sciagure del Novecento. E come, in questa visione, il sistema montuoso del Bondone si configuri come un ecosistema complesso che va da Trento al lago di Garda e che coinvolge la Destra Adige e la Valle dei laghi, le Valli di Cavedine e di Gresta, fino al Monte Baldo. Un territorio di circa 280 km2 ricco di biodiversità che non sono riconducibili alla monocultura dello sci, investendo paesaggi, territori, popolazioni, Comuni che richiedono un cambio di prospettiva. . È stata ripercorsa la storia di questa zona dominata dall’idea di trasferire la città in montagna, di imporre un modello urbano che ponesse la montagna al servizio della città. Diverse sono state le vocazioni di questo territorio ma ancora una volta ci si sta concentrando sulla strada delle grandi opere non inserite in un’idea condivisa.
Alex Benetti ha ricordato come il Bondone deve farsi carico di un’eredità del passato ma di come sia necessario immaginare qualcosa di nuovo che possa ridare vitalità a questa montagna: questo è un luogo complesso caratterizzato dalla presenza di numerose comunità e amministrazioni, talvolta non comunicanti tra loro. «Serve immaginare il Bondone, rilancia Benetti, come luogo in cui combinare lo sport e la natura senza cadere nell’inganno di pensare che le grandi opere possano risolvere ogni problema. In questo percorso è fondamentale un luogo dove poter confrontarsi e immaginare una direzione».
Marta Villa ha rimarcato come il Bondone si configura non come la montagna di Trento ma come la periferia in un rapporto di sudditanza che ricorda quello di Milano verso la Valtellina. Il centrismo della città di Trento ha impedito lo sviluppo di un progetto lungimirante e organico. Ogni soluzione che si propone dimostra come sia difficilissimo pensare ad alternative realmente nuove e come si sia sempre incastrati in schematismi apparentemente funzionanti nel passato, ma oggi nell’accelerato antropocene non sempre adattabili. È necessario invece uno sforzo per coinvolgere realmente le comunità che vivono il Bondone. «Magari, suggerisce Marta Villa, guardando a quei paesi che hanno saputo sviluppare processi partecipativi efficaci. Copiando cioè quel Sud del mondo che per troppo tempo abbiamo considerato come sottosviluppato ma che in realtà potrebbe tracciare la via per una progettazione condivisa del futuro». Marta Villa ha infine ricordato l’importanza dell’ecosistema del Baldo-Stivo-Bondone per la presenza dell’uomo in questo territorio, omaggiando la memoria degli studi pionieri degli archeologi Bernardino Bagolini e Domenico Nisi. Come le ricerche archeologiche da loro condotte negli anni Sessanta hanno evidenziato, è grazie alla conformazione di questi luoghi che i primi abitanti hanno cominciato a insediarsi in quello che oggi è il Trentino Alto Adige. Dagli 80 chilometri che uniscono il Baldo al Bondone deriva un popolamento così antico e stabile che, sceso poi nel corridoio del Brennero, ha permesso secoli di continui scambio di idee, cibi, persone, lingue. È questo l’elemento che oggi andrebbe valorizzato.
Questo territorio ci racconta, ancora oggi, dell’importanza dell’autogoverno responsabile legata ai domini collettivi. Anche se spesso coinvolti nelle polemiche e nella contingenza, sono comunque, ci ricorda Villa che li studia dal punto di vista antropologico da decenni, una forma di salvezza. Sono espressione della vera e antica autonomia trentina che ha permesso alla montagna di elaborare soluzioni in ogni situazione. Ci ricordano l’importanza di autopensare il proprio territorio. È questo il modello che deve guidare l’impegno per una rigenerazione del Bondone.
"Ed è questo il bagaglio di idee e i princìpi che Slow Food Trentino porterà a Terra Madre - ha concluso Tommaso Martini, portavoce Slow Food Trentino - per confrontarsi con le comunità di tutto il mondo e riportare a casa un sapere tradizionale e nel contempo innovativo per ricreare oasi di fraternità nelle nostre Terre Alte".
La giornata è proseguita con un momento conviviale grazie all'impegno di Luigi Montibeller e Gian Paolo Magagni che hanno preparato una "polenta ghiotta" con mais spin della Valsugana e formaggi di malga del Lagorai, accompagnata dalla Nosiola dell'Azienda Agricola Pravis.
A concludere l'iniziativa una visita al Giardino botanico alpino delle Viote accompagnati dalle guide del Muse.
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