di Marta Villa e Tommaso Martini
Slow Food Trentino-Alto Adige Südtirol
Il Pianeta è costellato di aree rurali, interne, alte e per questo fragili o addirittura fragilissime. Questa fragilità è anche punto di forza perché permette alle collettività che vi abitano e che sono proprietarie materialmente e spiritualmente dei loro Territori di Vita di continuare a trovare strategie insieme per vivere dignitosamente garantendo un rispetto delle risorse proprio perché pensano alle generazioni future. Queste comunità infatti non sono affascinate da logiche capitaliste estrattiviste, ma sembrano seguire con le loro azioni quotidiane e costanti un adagio diffuso su tutto il globo terracqueo: lentius, profundius, suavius (Langer, 1994).
I pascoli di Malga Contrin in Val di Fassa
Per decenni si è cercato di trasferire i modelli economici “di pianura” anche nelle nostre Terre Alte. Oggi che questi modelli, basati sullo sfruttamento intensivo per massimizzare profitti, rese e produzione, si scontrano con la realtà dei limiti di ecosistemi e risorse, risulta ancora più evidente la loro inadeguatezza per territori quali quello trentino. Così molte realtà hanno già abbracciato i paradigmi di un cibo buono, pulito e giusto, in grado di armonizzarsi con le difficoltà e le fragilità dell’agricoltura di montagna e di alimentare aziende capaci di garantire reddito, spesso integrando quello più strettamente rurale con quelle turistico ed esperienziale. Queste sono realtà che vivono in equilibrio con la natura e non in competizione con essa, capaci di custodire la biodiversità, valore quanto mai prezioso e mai come oggi a rischio per effetto dell’azione antropica. È questa miriade di sistemi locali del cibo che deve essere messa al centro delle politiche europee.
Per questo tra i dodici punti che Slow Food Italia ha presentato in vista dell’appuntamento elettorale del 8 e 9 giugno 2024, “Sì al futuro delle Terre Alte” è uno dei più importanti per il nostro territorio. “Chiediamo una strategia innovativa che metta le aree interne al centro, come luogo privilegiato del fare e dell’abitare. L’agricoltura, l’allevamento, la gestione forestale, l’artigianato alimentare e nuove forme di accoglienza e turismo, rispettose del carattere dei luoghi, possono diventare concrete prospettive di lavoro e di vita per contrastare il dissesto idrogeologico e la perdita dei paesaggi agrari, per evitare l’abbandono ma anche lo sviluppo squilibrato di quei territori presi d’assalto nei mesi estivi e svuotati nel resto dell’anno, per impedire lo smantellamento dei servizi, a partire da quelli fondamentali a tutela della salute, dell’istruzione e della mobilità”. Per rimettere il cibo al centro dell’agenda politica, Slow Food ha chiesto un impegno preciso, sintetizzando in questi dodici punti i capi saldi di un necessario cambiamento del sistema di produzione, distribuzione e consumo: Sì alla biodiversità e all’agroecologia, SÌ a chi alleva con rispetto per gli animali e per la terra. SÌ a etichette complete e chiare, NO allo spreco del cibo, NO alla plastica usa e getta, SÌ a una nuova relazione fra città e campagna, SÌ alla pesca artigianale e alla tutela degli ecosistemi costieri, SÌ a prezzi giusti per gli agricoltori e a una concorrenza leale, SÌ alla ricerca per una vera sovranità alimentare, SÌ alla diversità e all’accoglienza. Ed infine, consapevoli che una transizione ecologica che investa anche la filiera alimentare sarà possibile solo con un profondo rinnovamento culturale, Sì all’educazione alimentare in tutte le scuole.
Nella foto, i pascoli di Malga Cagnon di Sopra, della Comunità Slow Food del formaggio di malga del Lagorai: urly.it/3ag-f
Slow Food Italia, con le Comunità Laudato Sì e l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, ha lanciato una raccolta firme con l’ambizioso obiettivo di raggiungerne un milione e far emergere in modo chiaro l’urgenza che consapevolezza e conoscenza accompagnino il nostro rapporto con il cibo fin dall’infanzia. In occasione della Giornata internazionale dell’educazione, il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini ha ricordato: “Se c’è un aspetto che - oltre ad avere uno spazio di primissimo ordine come simbolo di pace in ogni cultura o religione - può trasmettere valori come la condivisione, l’ospitalità, il meticciato, il rispetto verso le altre culture e verso la biodiversità, questo è il cibo”. Di tutto ciò abbiamo bisogno, a partire dalla dimensione europea e nelle nostre Comunità: non è né utopico né ingenuo pensare le Terre Alte come avanguardia per rifondare un modello basato su solidarietà, collaborazione e fraternità.
Leggi i "12 punti per l'Europa che vorremmo": urly.it/3ag-c
Appello per l'educazione alimentare:
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