di Marco Galvagni – antropologo culturale, progetto Terre di Gresta
Pubblicato su Slowzine n. 4 - novembre 2020
Un progetto lungo e minuzioso, svolto a più mani ma con un unico obiettivo. Restituire valore al territorio grestano e al suo paesaggio rurale unico e particolare, storico perché frutto di un’iterazione secolare fra uomo e ambiente. Il percorso mirato all’inserimento del sistema agricolo terrazzato della Val di Gresta al Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali si è concluso in questi giorni. Il 30 ottobre infatti al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali è stato firmato il decreto che consegna ufficialmente all’elenco italiano 9 nuove località. «Un passaggio importante nell’azione di tutela del patrimonio storico rurale del nostro Paese» per la ministra Teresa Bellanova, verso l’obiettivo di «salvaguardare i paesaggi agricoli, forestali e pastorali che maggiormente hanno conservato i caratteri storici legati alla permanenza di forme di produzione, usi del suolo agricolo, tecniche di allevamento, sistemazioni del terreno, mosaici paesaggistici e manufatti collegati a produzioni alimentari di qualità».
L’aggiornamento del registro porta da 16 a 25 i paesaggi che in futuro potranno adottare un ulteriore certificazione, quel “Marchio collettivo del paesaggio rurale storico italiano” su cui il ministero è al lavoro. Fra essi “l’orto biologico (e in certi casi biodinamico) del Trentino”, caratterizzato da una coesistenza di fattori - climatici, morfologici, ambientali, pedologici - che hanno favorito l’agricoltura montana e la nascita di un sistema territoriale basato sulla costruzione di centinaia di chilometri di muri a secco, tutt’ora utilizzati, che conferiscono al contesto un forte carattere identitario, funzionale ed estetico tramandato nel lavoro di generazioni di contadini. Un paesaggio culturale di pregio non solo per i tratti conservati, ma anche fragile e da tutelare. L’iscrizione potrà aiutare su vari fronti nell’ottica di “uno sviluppo sostenibile”, da individuare in alcuni degli elementi già presenti riconosciuti dall’Osservatorio nazionale del paesaggio rurale, delle pratiche agricole e conoscenze territoriali: su tutti l’agricoltura biologica e i terrazzamenti; risorse che potrebbero diventare strategiche per costruire, in un valle secondaria e avulsa dai grandi flussi, un modello efficiente di integrazione fra produzioni locali e un turismo lento, consapevole e a basso impatto, con ricadute positive per gli operatori che in Val di Gresta credono nel territorio, senza nascondere le difficoltà delle piccole economie. Ma facciamo un passo indietro.
La candidatura del “Sistema agricolo terrazzato” grestano fu avviata nel 2018 da parte del comitato promotore “Terre di Gresta” con l’obiettivo dell’iscrizione al registro. Ne fanno parte enti pubblici e privati: i Comuni di Mori e di Ronzo-Chienis, il Biodistretto Val di Gresta, la Proloco, la Sat e la famiglia cooperativa di Ronzo Chienis, il Consorzio Ortofrutticolo, il Comitato Mostra Mercato, le aziende agricole Natur Gresta, Na Val de Gresta, Abete Rosso, Naranch e Ars Naturae. Il comitato, presentata la scheda di preselezione, ha riunito un gruppo di ricerca interdisciplinare coordinato dalla paesaggista Francesca Bertamini (studio d’architettura Paesaggistixcaso), col compito di redigere una relazione che, incrociando vari parametri, verificasse la persistenza dei caratteri tipologici e storici in una superficie di 604 ettari inclusa nei Comuni di Mori e di Ronzo Chienis. Il risultato è stato un dossier di 230 pagine che fornisce un quadro geografico, architettonico, normativo, economico e amministrativo per comprendere un’area in gran parte ad uso agricolo. Attraverso la comparazione storica, si scoprono dunque l’andamento nella destinazione dei terreni sfruttati dall’uomo fra 1954 e 2015, le produzioni più diffuse (carote, cavoli, patate, rape e verdure d’ogni tipo, ma anche alberi da frutto, con l’espansione, negli ultimi anni, della vite), il legame fra agricoltura e paesaggio e alcune sorprese. Il dato fondamentale è che l’indice di integrità rurale registrato è pari al 72,63%, sebbene persistano problemi di dispersione e di eccessivo frazionamento dei fondi, della conversione a nuove tecniche e metodi, e altri relativi all’organizzazione del settore, in gran parte condotto da piccole e piccolissime imprese. Il biologico, introdotto negli anni ‘80, è ormai maggioritario, come la vocazione all’orticoltura, che costituisce un buon presidio di biodiversità.
Le nuove sfide riguardano invece l’età degli addetti, il confronto con altri mercati, l’ingresso nell’agricoltura dei giovani, la proposta di nuove e interessanti produzioni o il loro recupero (nel caso delle cerealicole, su queste pagine si è scritto del Molino Vettori di Manzano). Ne deriva la trasformazione dei saperi tra generazioni, la trasmissione del ruolo dei terrazzamenti, così come delle funzioni e dell’importanza dei manufatti in pietra a secco, testimoniata dagli stessi gradoni di coltura che Aldo Gorfer, negli anni dello spopolamento, paragonava a una maestosa “arpa di pietra”. L’opera dovrà essere giocoforza collettiva. A supporto della ricerca, il dossier raccoglie fotografie d’epoca e contemporanee, cartoline, grafici e mappe, centinaia di immagini che assieme restituiscono il volto del territorio. Vi sono poi interviste e statistiche, a completare una studio che ha per fulcro l’analisi dei fattori di significatività, permanenza e vulnerabilità del paesaggio tradizionale, per il quale sono state ipotizzante strategie di rilancio e conservazione.
L’iscrizione delle “fratte” al registro nazionale dei paesaggi rurali storici rappresenta quindi «un primo passo». Il comitato Terre di Gresta guarda infatti alla candidatura della valle all’elenco dei siti GIAHS (Global Important Agricultural Heritage System): il programma della Fao che promuove l’individuazione, la conoscenza e la consapevolezza dei sistemi rurali patrimonio dell’umanità a livello internazionale. E ulteriore strumento qualificante potrebbe essere la fondazione di un ecomuseo. Il percorso, in altre parole, è ancora lungo, benché il recente riconoscimento dia fiducia. Infine è da registrare come altri due progetti in territori vicini abbiano ottenuto l’iscrizione al registro: “Il paesaggio rurale dei vigneti terrazzati della Val di Cembra” e “Gli alti pascoli della Lessinia”. Un risultato importante per le prealpi trentine e veronesi.
Foto di Alessio Maggiani
fattoriadelvento@gmail.com
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