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Le voci del miele delle Alpi

Grazie a il T quotidiano ogni secondo e quarto venerdì del mese, Slow Food Trentino cura a partire dal 14 febbraio 2025 una rubrica sulla pagina Terra Madre. Questo articolo è stato pubblicato il 4 luglio 2025.


L'apiario di Elena Belli sul Vezzena
L'apiario di Elena Belli sul Vezzena

In tutte le valli del Trentino, le api sono all’opera per raccogliere le particolari essenze estive della montagna.  Instancabili, possono visitare fino a settemila fiori al giorno, si stima che siano necessarie quattro milioni di visite per produrre un solo chilo di miele. Nei primi giorni di giugno, gli apicoltori che effettuano nomadismo in montagna hanno spostato le arnie in postazioni a quote superiori ai 1.400 metri di altitudine, individuate in anni di esperienza: qui fioriscono rododendro, lupinella, timo serpillo, erica carnea, epilobio e centinaia di altre specie botaniche.


L’obiettivo è ottenere mieli pregiati, dalle caratteristiche organolettiche molto diverse rispetto a quelli di fondo valle o di pianura. Il rovescio della medaglia è il duro lavoro necessario per portare le api in luoghi poco accessibili e per monitorarle costantemente. Va poi considerata una forte componente di rischio: per chi pratica nomadismo in montagna bastano pochi giorni di pioggia o un brusco calo delle temperature per vanificare il lavoro di intere settimane. Se le api non possono uscire dall’alveare, si nutriranno del poco miele già raccolto, l’apicoltore avrà così perso la produzione e tutti gli investimenti fatti per realizzarla. 


Slow Food ha dato vita al Presidio del miele di alta montagna alpina per dare valore a questo lavoro e sostenere chi si dedica con passione a farlo conoscere ed apprezzare. Una comunità di produttori che raccoglie adesioni in tutto l’arco alpino, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia. Il disciplinare che hanno sottoscritto richiama l’aderenza ai valori dell’associazione, traducendoli in buone pratiche nella conduzione degli alveari, con massima attenzione al benessere delle api, alla loro alimentazione e alla gestione di eventuali trattamenti solo con oli essenziali.


In Trentino sono circa una quindicina i componenti del Presidio Slow Food del miele di alta montagna alpina. Per tutti loro la stagione di montagna 2025 è iniziata con buone produzioni. Lo conferma Elena Belli, che da tre anni porta le api in montagna «Le mie postazioni si trovano in Val dei Mocheni ad Auzertol, sopra Palù del Fersina, e sul Vezzena, nella zona di Malga Postesina. La convenzione con il comune di Levico, infatti, richiede alle malghe di ospitare le api. La primavera in Valsugana, a 700 metri, è stata poco generosa a causa della variabilità del meteo, queste settimane in montagna stanno salvando l’annata». Le fa eco Christian Martinello, da poco lontano, che ha scelto la Val Calamento, sul Lagorai, per il proprio apiario: «Come l’anno scorso, le mie api stanno lavorando sul lampone, pianta pioniera che ha colonizzato gli spazi lasciati dei boschi schiantati da Vaia nel 2018. La terra non ama stare nuda, questo fenomeno ci mostra i tempi e i bisogni della natura che si riprende i propri spazi, e le api approfittano di questi rovi molto generosi». La diffusione del lampone è particolarmente interessante nel Trentino orientale, quale testimonianza dei cambiamenti nella vegetazione portati dalla tempesta tropicale che si è abbattuta sui boschi di abete rosso radendone al suolo migliaia di ettari. Con lo stravolgimento degli ecosistemi, trova spazio questa particolare produzione, che a partire dall’annata 2025 potrà essere identificata come Presidio.  Un classico dell’alta montagna è invece il rododendro. Nei dintorni di Malga Mare, in Val di Pejo, ricopre i prati a 2.000 metri. Qui da trent’anni portano le api la famiglia di Maria Moreschini «Dopo un inizio di stagione difficile a causa dell’arsura dovuta al gran caldo e alla siccità, gli acquazzoni di inizio luglio hanno migliorato la situazione. La fioritura è stata veloce e tra pochi giorni toglieremo i melari per evitare l’arrivo di altre essenze e avere il rododendro il più puro possibile».

Arnie di Christian Martinello in Valcalamento, sul Lagorai
Arnie di Christian Martinello in Valcalamento, sul Lagorai

Silvano Maestranzi ha collocato le arnie in Val Nambrone, nel gruppo della Presanella, dove la raccolta di rododendro sta dando buoni risultati: «Pensare che l’anno scorso, nello stesso luogo, la produzione era stata quasi nulla. Al contrario, a Madonna di Campiglio ho una postazione dove produco miele di mille fiori: l’anno scorso ha dato grandi risultati ma quest’anno stenta a partire. Credo che qui, nella Piana delle Malghette, il caldo ha asciugato troppo i fiori. Il legame tra apicoltura e meteo è tutto. Per questo, negli ultimi anni, è diventato sempre più difficile fare questo mestiere. La crisi climatica ha sbaragliato ogni certezza e possibilità di programmazione. E senza questi elementi è impossibile fare impresa e tanti apicoltori professionisti stanno chiudendo. Con loro non solo vengono meno piccole economie e produzioni di qualità, elementi di cui i territori montani hanno bisogno.  Svanisce un ulteriore tassello nella custodia della biodiversità».  Anche l’apicoltura di montagna sprigiona esternalità positive fondamentali. Nella crisi che stanno vivendo gli insetti impollinatori a livello globale, l’Apis mellifera allevata dall’uomo e portata ad alta quota contribuisce in modo significativo all’impollinazione.  «Una chiave per pensare al futuro dell’apicoltura - prosegue Silvano – è che il servizio ecosistemico che svolgiamo venga riconosciuto economicamente, così come avviene in altri settori dell’agricoltura montana. Solo in questo modo avremo la stabilità per far fronte a stagioni così diverse e produzioni che sono positive ogni due o tre anni». Ne conseguirebbero investimenti e, soprattutto, la necessaria attrattività del settore per le nuove generazioni, che potrebbero così fondare progetti di vita sull’apicoltura. Per arrivare a questi risultati sarà necessario raccogliere le istanze di un settore molto variegato, composto da piccole realtà imprenditoriali, aziende agricole multifunzionali e hobbisti. Fare sintesi tra diversi modelli, con i relativi interessi e obiettivi, non è semplice ma è fondamentale per determinare il futuro dell’apicoltura in Trentino. C’è molto lavoro da fare anche sulla cultura del prodotto e l’educazione dei cittadini, come sottolinea Maria Grazia Brugnara, esperta del concorso “Miele del Trentino”: «Sono importanti tutte le iniziative che aiutano le persone a coltivare i propri sensi per comprenderlo a livello sensoriale. Il miele esprime un ampio spettro di sfumature aromatiche e gustative, e da questa diversità si può partire per formare cittadini consapevoli. Solo così è possibile dare valore al lavoro degli apicoltori».

L’apicoltura di montagna si trova davanti a sfide importanti, il suo indebolimento corrisponde ad un ulteriore aumento della fragilità delle aree montane e conseguente impoverimento di un ecosistema più ampio, diminuendo la biodiversità, la bellezza dei paesaggi, le attività economiche di piccola scala. Il Presidio Slow Food dei mieli di alta montagna alpina cerca di supportare la ricerca di nuove visioni. Ogni Presidio ha l’obiettivo primario di allargare la comunità dei produttori: gli apicoltori interessati possono contattare l’associazione per aderire al progetto.

 

 
 
 

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@ 2025 Slow Food Trentino Alto Adige Südtirol

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