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L'arte dei prati (stabili) e del fieno


Grazie a il T quotidiano ogni secondo e quarto venerdì del mese, Slow Food Trentino cura a partire dal 14 febbraio 2025 una rubrica sulla pagina Terra Madre. Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2025.


Non tutti i prati sono uguali. Nella stagione della fienagione è bene non far di tutta l’erba un fascio. I paesaggi che ci circondano vanno sempre letti con un occhio critico. Un prato, e il fieno che ne deriva, sono testimoni di filiere molto diverse. Tra questi si distinguono i prati stabili, espressione dell’equilibrio tra natura e attività umane, riserva di biodiversità e di servizi ecosistemici. Non sono selvatici, il loro valore deriva dallo sfalcio (e dal pascolo), anno dopo anno. Non devono essere arati, dissodati, e coltivati da almeno dieci anni.

Alessandro Suffritti, a Soraga in Val di Fassa, sta sfalciando attorno alla propria azienda multifunzionale Ciasa do Paré: «qualche anno fa l’università di Padova ha individuato nei nostri prati la presenza di circa 40 specie botaniche diverse. Questo dato è il risultato del nostro approccio ai prati. Cerchiamo di creare il miglior equilibrio nel complesso ecosistema che costituisce un prato, innanzitutto gestendo la quantità corretta di deiezioni che può assorbire, per nutrirlo senza sovra alimentarlo». Il risultato è un fieno polifita, cioè ricco di essenze foraggere. Questa elevata biodiversità migliora la qualità dell’alimentazione della vacca, contribuendo in modo determinante al suo benessere e al valore del latte che produce. «Il nostro fieno è in armonia con le scelte e le dimensioni aziendali. Alleviamo solo grigio alpine per le quali il fieno magro dei nostri prati è un nutriente sufficiente, l’integrazione a mangime è minima. Se allevassimo frisone, razza adatta ad altri ambienti, sicuramente il fieno dei nostri prati stabili non sarebbe abbastanza. La quantità di mangime (soprattutto mais) sarebbe maggioritaria e il fieno più pingue: i prati di montagna, però, non sono in grado di produrlo. Per questo spesso chi ha scelto razze non autoctone deve farlo arrivare dalla pianura». L’essiccazione in due tempi completa la cura verso la qualità del fieno. Una volta sfalciato non viene imballato del tutto secco. Così facendo si andrebbe a schiacciare sul campo la parte fogliare che invece va preservata. A Ciasa do Parè l’umidità residua viene poi eliminata in appositi ventilatori, permettendo di conservare intatte le componenti più ricche e aromatiche. Sarà la vacca, successivamente, a reidratarle naturalmente durante l’alimentazione: un passaggio fondamentale per esaltare il profilo aromatico del latte. L’essiccazione in due tempi rappresenta anche una strategia efficace per affrontare la crescente variabilità del meteo: consente infatti di evitare rotoballe troppo umide, dove potrebbero svilupparsi muffe, compromettendo la qualità dell’alimentazione e, di conseguenza, del latte prodotto.  «Finito di sfalciare qui a Soraga ci spostiamo più in alto: abbiamo prati fino a 2.000 metri a Fuciade. Avremmo così fieni provenienti da luoghi diversi e ottenuti in momenti diversi dell’estate. Cerchiamo infatti di nutrire le vacche con un mix, mescolando fieno proveniente da prati più ricchi di fiori e erbe aromatiche con altri più energetici e proteici, per equilibrare la dieta della vacca. Tutto questo lavoro – conclude Alessandro-  oltre darci ottima materia prima per nutrire le nostre vacche, ci permette di fare agricoltura ad altezze elevate dove non sarebbe possibile coltivare altro.  Infine siamo anche apicoltori e i prati stabili sono un sicuro aiuto, permettendo alle api di bottinare rare essenze alpine.  Grazie a tutto ciò la nostra azienda riesce a essere sostenibile anche dal punto di vista economico».

In alta Val di Non, a Romeno, anche la famiglia Rosati taglia prati di proprietà a circa 1.000 metri per ottenerne di che alimentare la quindicina di grigio alpine dell’azienda agricola Sicherhof. «Quando si pensa al formaggio bisogna sempre ricordarsi – afferma Daniele Rosati - che la sua filiera inizia dalla terra. La gestione di un prato è un elemento fondamentale, il fieno è una conseguenza delle scelte che vi si fanno». A inizio stagione il fratello Damiano effettua un sopralluogo di tutti i prati stabili dell’azienda per definire un calendario che tenga conto della maturazione corretta. «Abbiamo la fortuna di avere dei prati ricchi di biodiversità – prosegue Daniele – ma sta a noi mantenere questa condizione. Sfalciando andiamo a togliere alla terra la sua concimazione naturale, che avverrebbe in inverno quando l’erba morta si decompone. Dobbiamo quindi restituire alla terra nutrimento e ciò avviene tramite la concimazione. È il primo equilibrio che non dobbiamo rompere, valutando innanzitutto se il terreno è magro o, come nelle nostre zone, profondo. È un’operazione da effettuare con misura. Se si porta troppa sostanza organica si favorisce la crescita di erbe infestanti a scapito delle varietà botaniche pregiate e importanti per l’alimentazione animale. Certo, se poi quanto raccolto viene triturato e unito a mangimi in carri miscelatori, le vacche mangeranno comunque anche le infestanti, e ciò va a incidere negativamente sul loro benessere e sulla qualità del latte». Anche i Rosati utilizzano l’essiccatoio, stoccando nel fienile il fieno sfuso. Tutte queste attenzioni si riflettono anche sulla nostra salute quando mangiamo il formaggio: il latte di animali nutriti con erba e fieni di prati stabili è ricco di vitamine e altri antiossidanti, soprattutto di omega-3.

Vista verso Sud dai Pradei dai campi dell'Az. Agr. Sicherhof
Vista verso Sud dai Pradei dai campi dell'Az. Agr. Sicherhof

La zona in cui la famiglia Rosati sfalcia è conosciuta come Praidei, un vasto altopiano che da Romeno arriva fino a Fondo. Qui le lotte dei sindaci dell’Alta Val di Non hanno preservato l’area dall’arrivo della frutticoltura intensiva. Un’azione che ha permesso di mantenere un paesaggio caratteristico e salvato dalla speculazione i prati stabili. Ma gli ecosistemi complessi che questi custodiscono, con il loro portato di biodiversità e di esternalità positive, non possono essere sconnessi da una visione estensiva della zootecnica. Grandi stalle che sversano ingenti quantità di liquami, prati seminati con poche essenze, fino ad arrivare all’uso di diserbanti, hanno una forte impronta ecologica e non si inseriscono nella coevoluzione uomo-natura che ha reso i prati stabili un importante risorsa per noi e per l’ambiente.

I prati stabili sono un Presidio Slow Food ed è stato lanciato un manifesto per salvarli. La zootecnia intensiva, le colture più redditizie, la cementificazione e l’abbandono li stanno mettendo seriamente a rischio su tutto l’arco alpino e appenninico. Ne abbiamo persi un numero sempre crescente, contribuendo al degrado ambientale dei territori con le gravi conseguenze che ne derivano. Dove c’è un prato ben gestito, infatti, è più difficile che possa divampare un incendio o che si formino slavine, si riduce il pericolo di erosione, frane, alluvioni. Sono inoltre serbatoi di carbonio. Soprattutto, contribuiscono a generare economia circolare, mantenere le montagne abitate e le comunità vive.

 
 
 

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