di Laura Endrighi Psicologa
Articolo tratto da Slowzine n. 6- gennaio 2021
Negli ultimi 15 anni l’argomento cibo è stato proposto dai media in mille modi, rendendolo onnipresente sia in televisione che online. Vanno per la maggiore le sfide culinarie e i programmi di cucina, ma un’altra declinazione sul tema in continua ascesa è quella della nutrizione. Chiedete ad una classe della scuola primaria se hanno già sentito parlare di omega3 e fermenti lattici e tutti alzeranno la mano, recitando ad alta voce lo slogan di qualche pubblicità. Nonostante tutta questa conoscenza sui principi nutritivi degli alimenti, problematiche come sovrappeso, obesità e altre patologie legate allo stile di vita sono in aumento, a tutte le età, anche tra i bambini. Viene davvero da chiedersi come sia possibile.
La risposta è che si parla davvero tanto di cibo e nutrizione, ma non di alimentazione. A questo punto arriva di solito un’altra domanda: “alimentazione e nutrizione non sono la stessa cosa?”.
No, sono le due facce della stessa medaglia, si occupano entrambe di cibo ma sotto due punti di vista differenti. Sono entrambe discipline molto importanti per il benessere della persona, purtroppo solo una delle due è “famosa”. Nel parlare comune i termini alimentazione e nutrizione vengono spesso utilizzati in modo indiscriminato, non conoscere i principi di entrambe però rischia di far fallire il progetto di molti di sviluppare uno stile di vita sano e un rapporto con il cibo consapevole.
Alimentazione e nutrizione,
due facce della stessa medaglia
Per quanto riguarda il rapporto con il cibo le cose sembrerebbero facili e scontate. Mangiamo per sopravvivere, come tanti altri esseri viventi. A differenza delle altre specie, però, sembrerebbe che le cose non siano proprio così. Il cibo per noi è importante e garantisce la soddisfazione del bisogno di nutrizione, ma lo utilizziamo per molti altri scopi e questa è la vera differenza tra noi e il mondo animale.
Dedichiamo al cibo molta più attenzione di quanto crediamo e lo colleghiamo ai più svariati contesti. Mangiamo per festeggiare, organizziamo pranzi di lavoro e aperitivi e il momento di maggiore socializzazione nelle famiglie continua ad essere quello della cena. La maggior parte degli eventi sociali sono collegati al cibo, gli affidiamo un ruolo centrale nella nostra esistenza, al punto che molti lo utilizzano anche per placare le emozioni e gestire lo stress, quasi come fosse una medicina. Capita quindi di mangiare anche quando non si ha fame ad esempio per abitudine, noia, rabbia, solitudine e tristezza.
Il rapporto con il cibo viene promosso purtroppo erroneamente, soprattutto dai media, come atto puramente biologico, area di competenza della nutrizione. Con nutrizione si intende proprio il complesso di processi biologici che permettono il mantenimento delle funzioni e lo sviluppo dell’organismo. In pratica come i nutrienti vengono utilizzati dal nostro corpo, una volta che sono stati introdotti tramite il cibo. Nutrizionisti e dietologi sono figure importantissime che si concentrano proprio su questa faccia della medaglia.
Le persone pensano quindi che mangiamo quando abbiamo fame e smettiamo quando siamo sazi. Si pensa che basti avere le idee chiare su cosa mangiare, sulla giusta quantità di calorie e nutrienti e il gioco è fatto. In realtà le cose non stanno esattamente così e lo sanno bene le persone che vogliono seguire una dieta, magari per perdere peso, perché diabetici o perché soffrono di allergie e intolleranze, hanno letto decine di libri sulle diete, hanno visto decine di nutrizionisti ma non riescono a modificare il loro peso o le loro abitudini, cioè la loro alimentazione.
L’alimentazione è infatti qualcosa di decisamente complesso e articolato e prevede una differenza individuale nel comportamento e nel rapporto con il cibo per ognuno di noi. È un ambito di pertinenza della psicologia, la scienza del comportamento umano.
La psicologia osserva e studia i comportamenti messi in atto dall’individuo mentre assume le sostanze nutritive, non solo quando si tratta di problematiche patologiche. Ogni anno poveri studenti e ricercatori vengono rinchiusi nei sotterranei delle università per portare avanti monitoraggi ed esperimenti che permettano di capire perché le persone si comportano in un certo modo. Perché e come mangiamo? Quali sono le abitudini a tavola e come si apprendono, perché decidiamo di mangiare in un certo modo e come essere più consapevoli delle scelte alimentari.
Per spiegare la complessità del comportamento alimentare, basti pensare che ogni giorno prendiamo più di 200 decisioni che riguardano il cibo. Nella nostra società la maggior parte dei pensieri e decisioni che prendiamo non riguardano la necessità di soddisfare la pura fame fisica e permettere la sopravvivenza. Ci chiediamo sicuramente cosa preparare per cena ma anche se ci saranno ancora quei cioccolatini sul tavolo oppure se ordinare un altro aperitivo. Così, da un lato il rapporto con il cibo, nei suoi aspetti nutrizionali è un comportamento innato, automatico e scarsamente modificabile. Al contrario il comportamento alimentare da un punto di vista psicologico è modificabile perché appreso e legato alle abitudini familiari, alla fascia d’età di appartenenza e alla cultura del luogo in cui viviamo.
Conoscere perfettamente la quantità di proteine, grassi e carboidrati che ingeriamo non è quindi sufficiente a sviluppare un sano rapporto con il cibo. Anzi, troppe informazioni rischiano di diventare dannose perché rendono un comportamento che dovrebbe essere naturale sempre più complesso e difficile. Allontana anche dal significato che il cibo ha per noi, ad esempio condivisione e gratificazione, causando frustrazione quando ce lo neghiamo, come capita per le diete da 7 kg in 7 giorni.
È fondamentale quindi cominciare a vedere il cibo, ed insegnarlo alle nuove generazioni, come nutrimento calorico necessario alla sopravvivenza, ma è anche piacere, socializzazione, cultura ed emozioni.
Laura Endrighi Psicologa
T. 3405507217
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