Intervento sulla filiera casearia all'Assemblea di Slow Food Italia
- SlowFoodAltoAdigeSüdtirol
- 28 lug
- Tempo di lettura: 3 min

Di seguito l'intervento di Tommaso Martini, presidente Slow Food Trentino Alto Adige APS, all'Assemblea Slow Food Italia presso la FAO, di venerdì 11 luglio 2025.
"L’ufficio presidi mi ha chiesto di dedicare l’intervento di Slow Food Trentino Alto Adige al tema del latte crudo, sollecitazione che ho accolto in quanto argomento che ha stravolto la filiera casearia nel nostro territorio e, come ben sapete, sta iniziando a interessare altre zone in Italia.
I fatti sono noti. Nel 2017 un grave e drammatico episodio di cronaca accende l’attenzione sulla sicurezza del latte crudo generando un dibattito che - non concentrandosi unicamente sui soggetti deboli e la loro corretta informazione - ha demonizzato un intero comparto.
Un dibattito che ha riguardato (purtroppo poco) l’aspetto tecnico, molto la percezione, la comunicazione, il clickbaiting, e dall’altra parte l’ambito della desiderabilità delle professioni casearie di piccola scala, delle sue prospettive future, delle possibili visioni.
La posizione di Slow Food Trentino è chiara: se senza il processo di pastorizzazione non si può avere un rischio zero in merito alla possibile presenza di batteri patogeni, ciò richiede che la lavorazione a latte crudo sia collegata alle migliori pratiche igieniche in ogni fase. Ma non solo: è necessaria la massima attenzione al benessere animale, che parte in primis dalle scelte relative all’alimentazione. Tutti elementi che hanno sempre fatto parte dell’ossatura dei disciplinari dei Presidi e dei documenti di Slow Food su questi temi.
Il risultato? Un formaggio che esprimere veramente un territorio, capace di trasferire la ricchezza di essenze botaniche di cui si è nutrito l’animale in profumi e aromi. Elementi che si perdono con la pastorizzazione.
Perché è un patrimonio al quale non possiamo rinunciare?
La difesa del latte crudo non può avvenire solo sul piano del diritto al piacere, nel contesto attuale facilmente tacciabile di individualismo.
La capacità di differenziare il proprio formaggio, di renderlo unico, è la chiave attraverso la quale dare il giusto valore alla propria produzione.
Su questo si fonda la sostenibilità economica di numerosi progetti aziendali, che sono quasi sempre progetti di vita e di famiglia.
Cosa potrebbe significare la scomparsa di queste realtà?
Un futuro di aree interne e aree montane non più curate e custodite dalle attività che, in equilibrio con gli ecosistemi, le hanno gestite per centinaia di anni. Questi artigiani del cibo buono, pulito e giusto svolgono servizi ecosistemici di cui godiamo tutti, non importa a quanti chilometri o decine di chilometri ci troviamo da un pascolo, da un muretto a secco, da un prato sfalciato, da un torrente manutenuto. Per non parlare del ruolo nel contrasto alla diminuzione della biodiversità, probabilmente l’esternalità positiva più vitale.
La demonizzazione del latte crudo mette quindi a rischio servizi ecosistemici insostituibili. Materiali e immateriali: mette a rischio infatti anche la permanenza delle comunità nelle aree interne, che hanno nei sistemi locali del cibo il perno principale su cui continuare ad essere.
Cosa possiamo fare come Slow Food?
Tanto si è già fatto, gli incontri dedicati agli addetti ai lavori, intensa attività di advocacy con la partecipazione al tavolo per la stesura delle Linee guida per il controllo dello STEC. Non è sufficiente. Ognuno di noi deve informarsi e formarsi, essere un anticorpo verso la cattiva informazione (Anche nella doverosa descrizione dei rischi per le categorie deboli e i bambini), trasmettere il valore di questa filiera e le sue importanti connessioni.
Ma non basta, il cambiamento non è mai la somma delle azioni individuali.
Quello del latte crudo è un tema su cui Pensarsi e agire come comunità, un tema che deve essere discusso in un nuovo e vitale spazio di confronto che riguarda gli ecosistemi, non territori delimitati da confini, uno spazio nuovo che non ha un sopra e un sotto, una dimensione nazionale e una territoriale. Abbiamo bisogno di uno spazio in cui mettere a terra una pluralità di competenze e esperienze di vita, ce lo richiedono le nuove geografie. Era stato richiesto al congresso di Genova, credo che oggi sia ancora più necessaria la sua costituzione per pensare insieme un’altra idea di mondo ogni giorno negli anni a venire".






Commenti