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Le politiche del cibo secondo Slow Food

Grazie a il T quotidiano ogni secondo e quarto venerdì del mese, Slow Food Trentino cura a partire dal 14 febbraio 2025 una rubrica sulla pagina Terra Madre. Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2025.

Paolo Betti nei progetti di Città Futura
Paolo Betti nei progetti di Città Futura

Al via a Trento “Bio-logicA 2025 - Nutrire la città, coltivare la comunità”, un’importante iniziativa nel corso della quale il capoluogo si confronterà sullo stato dell’arte delle politiche del cibo, chiamando a raccolta gli attori che dal 2017 animano il progetto Nutrire Trento, gli stakeholder del sistema di produzione, distribuzione (e consumo) del cibo e creando occasioni per incontrare esperienze e buone pratiche provenienti da altre realtà italiane ed europee.

 

L’attivismo e le progettualità di Slow Food, sia a livello nazionale che territoriale, intrecciano il tema delle Food Policy su vari piani, grazie alla natura trasversale dell’associazione, che mette in connessione tutti gli attori coinvolti nelle filiere. Raoul Tiraboschi, vice Presidente di Slow Food Italia e coordinatore del tavolo dedicato alle politiche del cibo del Comune di Bergamo, individua tale aspetto quale tratto distintivo del coinvolgimento di Slow Food: «nei Comuni nei quali collaboriamo attivamente nei progetti di Food Policy, il nostro ruolo è quello di tenere insieme operativamente le varie anime, contribuendo a dare stimoli e una visione complessiva». In questa azione vengono messi a valore i progetti specifici di Slow Food. Un patrimonio costruito e coltivato nel corso di quasi quarant’anni da una galassia di associazioni territoriali - più di 300 - distribuite su tutto il territorio nazionale e costantemente connesse alla dimensione globale del movimento. «Per fare un esempio – prosegue Tiraboschi – nell’ambito dell’articolato organigramma del Consiglio del Cibo di Roma Capitale, sono stati costituiti sette tavoli tematici. Quello dedicato all’educazione e alla formazione è coordinato da un rappresentante dei Cuochi dell’Alleanza Slow Food. In questo modo l’obiettivo di individuare strategie e politiche formative sui sistemi alimentari sostenibili, promuovere programmi di educazione alimentare coerenti e coordinati per scuole e università, diffondere i contenuti e gli indirizzi della Food Policy, viene perseguito da una figura con un’esperienza trasversale, capace di entrare in contatto e comunicare con i cittadini e al contempo consapevole delle dinamiche che regolano le attività dei produttori e della ristorazione».


L’impegno sulle Food Policy è ormai presente in quasi tutte le regioni d’Italia e declina argomenti Intersettoriali ai diversi ambiti di competenza delle amministrazioni. I temi spaziano dal contrasto alla povertà alimentare allo spreco e alle strategie per ridurre il food loss, dalla refezione collettiva alla sostenibilità dei sistemi produttivi, dal rapporto tra cibo e salute alla connessione città-campagna, fino ai modelli distributivi e all’educazione.

Per Raoul Tiraboschi «oltre all’impegno per l’educazione alimentare, un ulteriore ambito vede Slow Food in prima linea. Mi riferisco alla valorizzazione delle filiere. Il modello dei Mercati della Terra, che in Italia sono più di cinquanta, è il prototipo di una politica del cibo che contiene tutti gli elementi sui quali lavorare. Al centro di un Mercato vi sono il produttore e il cittadino che diviene una sorta di co-produttore, consapevole, informato e partecipe delle scelte alimentari. La domanda da cui partire è: chi nutre la città? Bisogna innanzitutto esser consapevoli che la città non si nutre da sola. Per questo motivo sono necessarie sinergie tra centro e periferia. Ma non basta. Le politiche del cibo possono facilitare un incontro coordinato tra domanda e offerta, creando opportunità concrete. Un esempio emblematico riguarda la Lombardia, dove la produzione locale di legumi è quasi assente. Eppure, le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità raccomandano di consumarli più volte a settimana per il loro elevato valore nutrizionale, la sicurezza alimentare e la sostenibilità della produzione. Il paradosso è che nelle mense scolastiche di Milano, che servono circa 75.000 pasti al giorno, la maggior parte dei legumi proviene dal Canada.  Qui entrano in gioco le Food Policy: strumenti capaci di rispondere a esigenze come questa, stimolando la produzione locale e generando nuove opportunità imprenditoriali sostenibili. L’esempio dei legumi ci permette di affrontare anche l’argomento della formazione dei professionisti e dell’educazione degli utenti. Anche se i bandi per la refezione scolastica spesso puntano al massimo ribasso, è essenziale garantire materie prime di qualità, cucinate in modo da risultare appetitose per bambini e ragazzi.  E proprio bambini ragazzi devono essere a loro volta coinvolti in percorsi di formazione al gusto, che li aiutino a sviluppare la capacità di ascoltare e interpretare i propri sensi». In questa direzione il cuoco trentino Paolo Betti ha da poco condotto un progetto con la rete di servizi per l’infanzia Città Futura: «ho realizzato dei corsi di cucina dedicati ai legumi in cui è stato coinvolto il personale di cucina ma anche educatrici e genitori. Sono state trasmesse competenze nutrizionali e culinarie ma soprattutto abbiamo tutti compreso che i bambini sono i primi ad apprezzare questi alimenti se sono realizzati con ricette curate e ragionate».

 

Il tema delle filiere è centrale anche per Raimondo Mandis di Slow Food Cagliari che ha promosso e seguito il processo partecipativo del progetto Smart Food all’interno delle politiche del cibo della Città Metropolitana di Cagliari: «ci troviamo in un’area con circa mezzo milione di abitanti, un elevato numero di ristoranti e un esteso sistema di ristorazione collettiva. L’urbanizzazione ha però completamente escluso le aree agricole dal perimetro cittadino di Cagliari, pur mantenendo aree di preziose produzioni agricole nei restanti 16 Comuni. Partendo da questa constatazione Slow Food ha coordinato il living lab sulle filiere corte e certificate. In collaborazione con altre associazioni, il Mercato Agroalimentare e con l’Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura (LAORE) sono stati realizzati dei protocolli attraverso i quali accreditare realtà in grado di nutrire la città con attenzione all’aspetto nutrizionale e alle buone pratiche agricole, garantendo continuità e riconoscendo il giusto valore».


Dal suo osservatorio costantemente in contatto con numerosi comuni in tutta Italia, Raoul Tiraboschi, individua le sfide che le Food Policy sono chiamate ad affrontare: «alcune città stanno inserendo il diritto al cibo per tutti e tutte negli Statuti comunali. È il caso di Bologna con il grande impegno sullo “ius cibi” portato avanti dal gruppo di lavoro coordinato da Andrea Segré, ma anche di Livorno e di Torino. Un passaggio molto importante che non ha una valenza simbolica ma assolutamente concreta e che vede collegare azioni, risorse e impegni precisi alle politiche del cibo. Sono certamente un modello da replicare. A livello nazionale esistono leggi singole su spreco, mense, mercati ma non una normativa che faccia sintesi: in questo senso è bene guardare ad alcune città capofila che stabiliscono dei criteri. Il caso certamente più importante è quello del Milan Urban Food policy pact. Ma è evidente che va affrontata l’importante diversità nella gestione delle Food Policy tra le grandi città, che hanno risorse umane, esperienze, accesso alla progettazione europea, e centri minori quali Bergamo, dove opero, o Trento. Qui le esperienze meritorie e frutto di grande impegno e lungimiranza, hanno la necessità di consorziarsi e lavorare in più soggetti per rendere efficacie la propria azione».

Un ruolo sempre più rilevante è quello della formazione degli amministratori. Proprio per questo in Sicilia è stata attivata una collaborazione tra ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e Slow Food, Fabio di Francesco, presidente regionale dell’associazione ha evidenziato l’importanza di questo sodalizio: «lavoriamo insieme affinché la Sicilia diventi un modello di riferimento nelle buone pratiche che contraddistinguono l'efficace attuazione delle politiche del cibo e affinché queste, così concertate, possano avere benefiche ricadute sulle nostre comunità tenendo in prima e maggiore considerazione i meno fortunati e chi si trova in situazioni di disagio: giustizia ambientale e sociale potranno realizzarsi solo con l’attuazione di vere politiche del cibo». Dalla Puglia al Piemonte la collaborazione tra il CHIEM (International Centre for Advanced Mediterranean Agronomic Studies) di Bari e l’Università di Scienze Gastronomiche di Slow Food con sede a Pollenzo ha permesso di erogare il primo master internazionale in local food policy. Un percorso di alta formazione che ha l’ambizione di definire un profilo professionale sempre più necessario nella progettazione di città che sappiano essere inclusive, sostenibili e parte attiva della transizione ecologica.


Articolo pubblicato su il T Quotidiano, venerdì 12 marzo 2025 nella rubrica Terra Madre.

 
 
 

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